Svariate migliaia di
chilometri a ovest del Giappone, poco distante da Belluno, troviamo Valmorel,
gruppo di poche case che deve la sua notorietà a Dino Buzzati, il più celebre
tra gli scrittori di origine bellunese. L’ultimo libro di Buzzati (pubblicato
nel 1971, un anno prima della morte dell’autore) si intitola proprio I
miracoli di Val Morel. L’espediente (ben noto a chiunque si intenda un
minimo di letteratura) su cui si basa il testo è quello del “manoscritto
ritrovato”: siamo nel 1938, Buzzati, riordinando le carte del padre, trova un
antico libretto intitolato Prodigiosi miracoli di Santa Rita onorati nel
santuario di Val Morel. Si tratta di miracoli tutt’altro che convenzionali,
spesso assurdi e grotteschi, narrati in un italiano stentato che spesso lascia
il posto al dialetto bellunese. Recatosi a Valmorel, l’autore riconosce il
santuario:
E proprio là dove gli opposti
declivi si congiungevano, […] sorgeva uno di quei rozzi tabernacoli, con una
immagine ormai quasi irriconoscibile, tanto maltrattata dalle intemperie e
dagli anni. Sul bordo, tutta una fila di lumini, di cui soltanto due accesi, e
tanti piccoli vasi e bicchieri con fiori di campo.[2]
Non solo, a Valmorel Buzzati
incontra Toni Dalla Santa, anziano custode del santuario e autore del
misterioso libro. Il vecchio invita lo scrittore nella sua baita, gli racconta
le gesta di Santa Rita e gli mostra i suoi rozzi ma espressivi disegni
raffiguranti i miracoli compiuti dalla santa. Dopo quest’incontro trascorrono
molti anni, è il 1946, la guerra è da poco terminata e Buzzati decide di
recarsi di nuovo a Valmorel, qui, la destabilizzante sorpresa:
Il paese di Valmorel esisteva ancora,
tale e quale. […] Ma il sentiero che conduceva al santuario non esisteva più.
Lo cercai lungamente. Chiesi informazioni. Nessuno ne sapeva niente. Nessuno
aveva mai sentito nominare un tabernacolo di Santa Rita. Nessuno aveva mai
conosciuto Toni Dalla Santa.[3]
Nel 2016, il critico
inglese Mark Fisher ha dedicato un illuminante saggio alle nozioni di “strano”
(weird) e “inquietante” (eerie) in varie opere artistiche contemporanee[4].
Per Fisher è strano ciò che è “fuori posto”, come le creature nei racconti di
Lovecraft. Ma lo strano non è necessariamente spaventoso: i dipinti dei surrealisti
sono senza dubbio Weird. Nell’inquietante è fondamentale il concetto di “agentività”:
chi ha a che fare con un fenomeno eerie si chiederà certamente qual è l’entità
misteriosa che ha causato tale fenomeno. L’eerie ha spesso a che fare con l’esistenza
e la non esistenza: è inquietante trovare qualcosa dove non dovrebbe esserci
niente. Ma forse lo è ancora di più non trovare niente dove dovrebbe esserci
qualcosa. La situazione in cui si trova Buzzati è inquietante al massimo grado.
Il santuario di Santa Rita, il vecchio Toni e la sua casa sono scomparsi. O
meglio, dato che nessuno ne ha mai sentito parlare, forse non sono mai esistiti.
All’autore perplesso non rimangono che il libro del misterioso vecchio con i
suoi disegni e i propri appunti della precedente conversazione. Nel gioco dell’autore,
I miracoli di Val Morel è proprio questo, trentanove disegni corredati
da altrettanti brevi testi che descrivono questi miracoli. È giusto dire che la
Santa Rita di Valmorel non si scomoda per prodigi convenzionali ma preferisce
intervenire in situazioni del tutto insolite. È il caso del tappezziere
bellunese Nicolino Silvestri che, dopo essere fuggito in Svizzera con una
prostituta, viene “guarito” dalla santa e ritorna pentito dalla moglie e dai
due figli. Ancora più bizzarro il caso di Ermanno Seborga Sònego, cittadino di
Vittorio Veneto con l’hobby per la caccia: un bel giorno Ermanno viene
processato e condannato a morte dai suoi trofei di caccia che, per l’occasione,
hanno preso vita. L’intervento della santa sarà risolutivo. In un altro
miracolo troviamo la santa attiva a Primolano, intenta a calmare le visioni
erotico-mostruose che affliggono le studentesse del locale collegio. Ognuno dei
miracoli descritti e disegnati da Dino Buzzati (o dal vecchio Dalla Santa?)
stupisce e diverte per la fantasia e l’ironia con cui viene presentato.
Tra tutti, il personaggio
che più colpisce il lettore però non può che essere Toni Dalla Santa: un uomo
che, pur avendo solo una sessantina d’anni, sembra vivere da sempre, tanto da
aver descritto e disegnato miracoli avvenuti secoli prima. Un vecchio
semianalfabeta, forse affetto da problemi mentali che vive in una situazione di
estrema povertà eppure dotato di una fantasia e di un senso dell’umorismo fuori
dal comune. Un essere che, all’improvviso, scompare nel nulla come se non fosse
mai esistito. Dalla Santa ricorda il vecchio Nakata del già citato Kafka
sulla spiaggia, anch’egli analfabeta e all’apparenza un po’ matto, anch’egli
in realtà dotato di capacità straordinarie. Più ancora, e rieccoci all’inizio
della nostra storia, nella sua devozione per Santa Rita, ricorda gli yamabushi
della tradizione Shintō, eremiti che, lontano dai dogmi della religione
ufficiale, vivono la propria fede in modo unico e originale.
Dove sei vecchio Toni Dalla Santa? Sei mai esistito?[5]
Nico
[1] G. Filoramo et al., Manuale
di storia delle religioni, Bari-Roma, Laterza, 1998, p. 426.
[2] D. Buzzati, I miracoli di Val
Morel, Milano, Mondadori, 2013, p. 9.
[3] Ivi, p. 11.
[4] M. Fisher, The Weird and the eerie. Lo strano e l’inquietante nel mondo
contemporaneo,
Roma, Minimum Fax, 2018.
[5] Buzzati, I miracoli di Val
Morel, cit., p. 12.
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