Passa ai contenuti principali

Il mondo nella testa: cinque romanzi di Michele Mari

Il mondo nella testa è il titolo che lo scrittore bulgaro Elias Canetti ha assegnato alla prima delle tre sezioni di Auto da fè (1935), il suo unico romanzo. Il protagonista di Auto da fè è Peter Kien, solitario e nevrotico professore viennese che trascorre le giornate rintanato nella propria enorme biblioteca, fornita di più di venticinquemila volumi. Kien è un uomo che ha “il mondo nella testa”: il professore infatti è uno stimato studioso di lingue orientali, un uomo coltissimo che padroneggia pressoché tutte le discipline, che conosce alla perfezione decine di culture e letterature. Nella seconda sezione del romanzo, intitolata Una testa nel mondo, il professore (costretto dall’insopportabile moglie Therese) deciderà di lasciare la propria biblioteca per gettarsi tra le vie di Vienna. Per un uomo tanto geniale eppure incapace di vivere nella società, il mondo esterno, con le sue contraddizioni, il suo disordine, la sua cattiveria, si rivelerà ovviamente insostenibile. Le conseguenze del suo gesto saranno catastrofiche (Il mondo senza testa).

Tra i vari estimatori di questo romanzo troviamo anche un dei migliori scrittori italiani degli ultimi anni: Michele Mari. Mari, nelle recensioni e negli articoli che compongono la sua raccolta I demoni e la pasta sfoglia (2004), chiama spesso in causa Canetti e la sua opera, definita addirittura «[…] uno dei pochi [romanzi], con i libri di Céline e Gombrowicz, a partecipare del lascito di Cervantes […]»[1]. In altri casi lo scrittore non nasconde la propria fascinazione per il protagonista di Auto da fè, a cui si sente in un certo modo simile: proprio come il professor Kien anche Michele Mari, alla vita in società, preferisce la tranquillità e il silenzio della propria biblioteca. Piuttosto naturale quindi che quasi tutti i personaggi usciti dalla penna di Mari presentino in fondo le stesse caratteristiche: l’amore per la lettura, il silenzio e la solitudine, la tendenza a diventare malinconici, pensierosi, spesso misantropi, l’abitudine di dimenticare il mondo reale per rifugiarsi in un mondo migliore, anche se immaginario.




Per la nostra lista abbiamo voluto scegliere cinque di questi personaggi, protagonisti di altrettanti romanzi scritti da Michele Mari.

 

Osmoc-Di bestia in bestia (1989)

Di bestia in bestia è il libro a cui Mari tiene di più, «[…] il libro della mia vita.»[2], fa notare l’autore stesso nella conclusione alla seconda redazione del volume. La vicenda si apre con l’arrivo per puro caso del narratore, illustre scienziato di cui non verrà mai rivelato il nome, del collega Pesùmai e della di loro segretaria Ebeblechei in un lugubre castello all’estremo nord del mondo. Il castello è abitato, in apparenza, soltanto da Osmoc e dal suo domestico Epeo. Il vero protagonista della storia è proprio Osmoc, un uomo sensibile e malinconico, timido con i propri simili, amante della lettura e grande collezionista di libri antichi. Come il professor Kien, anche Osmoc vive per la propria biblioteca, fornita di decine di migliaia di volumi tenuti in un ordine impeccabile. L’ordine (kósmos) però, non è qualcosa di assoluto, può esistere solo in contrapposizione al chàos, il suo opposto; anche l’ordinato, gentile e colto Osmoc in effetti, inizierà poco a poco ad apparire ai suoi sfortunati ospiti sotto una luce diversa: l’uomo nasconde forse qualche inquietante segreto?

 

Il capitano-La stiva e l’abisso (1992)

La stiva e l’abisso è un romanzo d’avventura in cui, sostanzialmente, non accade nessuna avventura. Una nave si trova bloccata in una zona di bonaccia apparentemente fuori dal tempo e dallo spazio. I vari membri dell’equipaggio passano le giornate sognando ad occhi aperti, vittime di eventi soprannaturali e allucinazioni, il primo ufficiale, l’astuto e disonesto Menzio, cerca un tesoro che esiste solo nella sua immaginazione. Tutto è immobile. Più immobile di tutti è il capitano De Torquemada che, rinchiuso nella sua cabina con una grave forma di cancrena alla gamba e ormai sull’orlo della pazzia, non può far altro che rifugiarsi nel grottesco, paradossale mondo nella sua testa.

Perché quando penso all’amputazione della mia gamba, vedo solo un taglio orizzontale in cima alla coscia? Non la si potrebbe tagliare pel lungo, a fettine trasparenti come un savoroso prosciutto? Oppure potrei farle la punta come a…come a un calamo, dovrei farmi costruire un temperapenne gigante, sul modello di quello che vidi nello studio del duca d’Oviedo, con una manovella per far girare la lama e un bell’invito per infilarci la gamba: terminato l’officio, mi ritrovo un cono appuntito come uno spillo, mi faccio portare una bacinella d’inchiostro e un papèl grande come un lenzuolo, poi, seduto sul bordo del letto e disteso il papèl sul pavimento a mo’ di tappetino, intingo la punta della gamba nell’inchiostro e scrivo una lettera d’amore, una supplica alla Regina, una relazione scientifica […][3]

 



Il soldato semplice Mari-Filologia dell’anfibio. Diario militare (1995)

A cosa serve il servizio militare? Assolutamente a nulla. A dircelo è il nostro scrittore che, come molti altri italiani, è stato costretto a vivere quest’infame esperienza. Filologia dell’anfibio più che un diario è un vero e proprio manuale in cui, capitolo dopo capitolo, il soldato annoiato Michele Mari descrive la vita del militare in tutti i suoi aspetti, dalla mensa (terribile. Ovviamente) al sonno (impossibile), dagli scherzi (continui) ai superiori (incapaci). Il Mari del racconto, spinto e incoraggiato dalla propria passione per l’ordine e la catalogazione, riesce così a trovare una via di uscita in una situazione che si rivelerebbe altrimenti per ciò che è realmente: una pura e semplice tortura.

 



Mic-Rondini sul filo (1999)

Anche in questa vicenda il protagonista è Michele Mari, ma un Mari in parte diverso da quello del libro precedente: un uomo insicuro, nevrotico e avvelenato. Il romanzo, costruito in forma di lungo monologo (sfacciatamente esibito il modello di Céline, altro autore amatissimo da Mari), ripercorre il rapporto tra Mic, alter-ego dell’autore, e la fidanzata. Mic è un uomo geloso in modo ossessivo e malsano, la sua gelosia non si rivolge solo ai possibili spasimanti della fidanzata, ma anche e soprattutto agli amori passati: Wolmer, ingegnere di famiglia tedesca, Vito, giovane romano che sembra uscito da un romanzo di Pasolini e, soprattutto, N.N.. Tra gli altri proprio quest'ultimo (talmente detestato da essere designato tramite sigla) diventerà a poco a poco l’ossessione di Mic. Nelle sezioni più tragicomiche del romanzo vedremo il protagonista intento a cercare reperti, interrogare l'esasperata fidanzata, compilare surreali grafici delle prestazioni sessuali, con in mente l'unico scopo di ricostruire l'odiata figura del "rivale". Mic, così concentrato su N.N,. finirà per ammalarsi, cadendo vittima di allucinazioni, manie di persecuzione e altri spaventosi  disturbi...

 

Walter Benjamin-Tutto il ferro della Torre Eiffel (2002)

L’ultimo libro che abbiamo scelto è il più difficile della nostra lista, un romanzo che, in circa trecento pagine, presenta decine e decine di personaggi e di storie diverse. Per questo libro Mari sceglie un luogo preciso (Parigi), un periodo ben definito (gli ultimi mesi del 1936) e si diverte a immaginare “cosa sarebbe successo se”. In questo libro infatti i grandi autori del passato tornano in vita per rivelarci un loro lato inedito, i personaggi escono dalle trame dei libri e diventano nemici da affrontare, i nomi e le storie si sovrappongono creando un groviglio difficile da dipanare. Tutto il ferro della torre Eiffel è in fondo un “duello” tra l’autore e un lettore che, per orientarsi tra le pagine del libro, deve possedere una conoscenza della storia della letteratura davvero fuori dal comune. Questo libro racconta una storia del Novecento diversa da quella che conosciamo, ci porta in un mondo alternativo, governato dalle sole leggi della letteratura. Protagonista ideale per un romanzo simile non può essere altri che Walter Benjamin, il filosofo della ricerca dell’aura dell’opera d’arte, delle riflessioni sulla modernità e sulla storia, un filosofo distratto, disordinato, malinconico, un filosofo "nel suo mondo", eppure capace come pochi altri di descrivere il nostro.



Nico



[1] M. Mari, I demoni e la pasta sfoglia, Milano, il Saggiatore, 2017, p.307.

[2] M. Mari, Di bestia in bestia, Torino, Einaudi, 2013, p. 223.

[3] M. Mari, La stiva e l’abisso, Torino, Einaudi, 2002, pp.107-108.

Commenti

Post popolari in questo blog

Giovanni Raboni traduttore di Arnaut Daniel: Reliquie Arnaldine

Alla fine degli anni Ottanta, Giovanni Raboni (1932-2004) inaugura una nuova fase della sua attività creativa, legata al recupero delle forme metriche tradizionali, non in chiave di un ritorno all’ordine fine a stesso, bensì avvertendo «l’esigenza di qualcosa di resistente contro cui lottare per creare una nuova espressività». [1] Bisogna ricordare che, in quel periodo, la poesia italiana stava assistendo a un diffuso e rinnovato interesse per le forme chiuse, tanto che si può considerare tale tendenza una reazione al frenetico contesto sociale, volta a rallentare un’accelerazione temporale che stava strappando l’uomo fuori da se stesso, limitandone il pensiero critico. Il rapporto tra la trasformazione della società e le esigenze di una nuova poesia emerge limpidamente dalle parole di Antonio Porta, tra gli intellettuali più prossimi a Raboni proprio in quegli anni:   Se qualcuno mi chiedesse qual è il comune denominatore tra linguaggi di poesia che ci arrivano da personalità mol

Distopie, profezie, realtà. Cinque romanzi di fantascienza

Come ognuno di noi ha appreso durante gli anni scolastici, la Guerra Fredda è una fase di contrapposizione ideologica e politica tra Stati Uniti e Unione Sovietica iniziata dopo la Seconda guerra mondiale e conclusasi con la caduta del Muro di Berlino. Altro fatto universalmente noto è che questa guerra non si combatté mai (o quasi mai) su di un tradizionale campo di battaglia, ma sempre in situazioni ben diverse: ai giochi olimpici, attraverso emblematiche partite di scacchi tra supercampioni [1] , nello spazio. Quella per la conquista dello spazio fu una battaglia fondamentale all’interno della Guerra Fredda, non una semplice lotta per il prestigio ma un modo per incutere timore, dimostrando la propria superiorità tecnologica e militare.  Nel 1967, due anni prima che gli Stati Uniti, con lo sbarco del primo uomo sulla Luna, mettessero a segno un punto decisivo per la vittoria, dalle pagine del Corriere della Sera, Anna Maria Ortese esprimeva le proprie perplessità per questi tentativ

Il Maestro e Margherita dalla letteratura al teatro

  Il Maestro e Margherita è un classico novecentesco. E come ogni classico che si rispetti, può essere preso da svariati punti di vista e attraversare le arti. Se si pensa a quest’opera letteraria applicata alle arti figurative, ad esempio, vengono subito in mente numerose illustrazioni, le variegate immagini di copertina delle varie edizioni. In musica, il capolavoro di Michail Bulgakov ha ispirato Simpathy for the Devil dei Rolling Stones, Pilate dei Pearl Jam, Love and destroy dei Franz Ferdinand. Diverse sono le trasposizioni cinematografiche (ricordiamo il film del 1972 di Aleksandar Petrović, con Ugo Tognazzi nella parte del Maestro) e televisive. Naturale, infine, che un romanzo così straripante di luoghi e azioni teatrali trovi terreno fertile nella pratica del palcoscenico. Di quest’ultimo legame, quello tra letteratura e teatro (o meglio, della letteratura che si fa teatro), ci occuperemo in questo articolo, prendendo in esame due differenti proposte: una più canonica, l’al