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Una proposta per rivalutare il valore del nostro agire: "Humankind: solidarietà ai non umani"

Humankind: solidarietà ai non umani di Timoty Morton, letterato e filosofo inglese, è un libro esplosivo: ogni pagina trasuda di temi, argomentazioni, critiche, idee e proposte circa l’uomo, il genere umano, il non-umano, il mondo e le relazioni che in esso avvengono. Accanto a interpretazioni filosofiche di Interstellar e di poesie di Baudelaire, accanto alla critica alla teoria di Marx e al tentativo di riformulare il comunismo per includere nel suo progetto i non-umani, ci sono due spunti che abbiamo deciso di approfondire. Sono stati scelti per diversi motivi: in primo luogo, rappresentano i ‘mattoni’ del pensiero di Morton, elementi che percorrono tutto il libro e che sono preliminari ad ogni argomento specifico affrontato. In secondo luogo, questi hanno suscitato in noi il maggior interesse e crediamo siano spunti fertili per riflessioni autonome da parte di ogni lettore.


Il primo di questi è la proposta di Morton di concepire un ‘olismo implosivo’ in contrapposizione a quello ‘esplosivo’ che dalla modernità è diventato elemento centrale del pensiero occidentale. L’olismo esplosivo concepisce gli interi come maggiori della somma delle sue parti; tra il tutto e le sue parti c’è un vero e proprio salto qualitativo; il tutto eccede e trascende i suoi componenti che dunque non hanno alcun peso. Le parti possono essere sostituite e intercambiate senza che il tutto ne sia intaccato. Questo significa che, se consideriamo l’umanità come un tutto, allora da un lato il singolo non ha nessun peso: non è una sola accensione della macchina a causare il cambiamento climatico. Dall’altro lato il singolo non può fare nulla: non sarà il suo solo utilizzo della bicicletta per andare al lavoro a ridurre l’inquinamento atmosferico. Se poi si considera il mondo ecologico, la totalità degli esseri terresti, come un tutto e le sue parti come sostituibili, allora può estinguersi una specie e nulla cambia: un’altra forma di vita si evolverà prendendo il suo posto e la natura non ne risentirà.

Il problema è che non possiamo permetterci di pensarla così, semplicemente perché non è vero: la biosfera è una realtà simbiotica, che vive di profonde interconnessioni tra le sue parti e che inevitabilmente muta se una componente cambia. Ad ogni perdita o sostituzione, l’intero deve riconfigurarsi nelle sue relazioni. Non si può affermare quale insieme di rapporti, quale configurazione dell’intero (se prima o dopo il venir meno di una sua parte) sia migliore o peggiore, ma è sicuramente diverso e questo significa che le parti sono rilevanti, che, se esse cambiano, il tutto inevitabilmente cambia nonostante lo possa fare in maniera umanamente impercettibile.

La proposta di Morton è concepire gli interi come subscendenti le sue parti: il tutto è meno dei suoi componenti. Secondo il suo ‘olismo implosivo’ il tutto e le parti sono ugualmente reali, ma il primo è meno delle sue parti, o, al contrario, ogni parte è molto più del tutto cui appartiene. Il genere umano è un mucchio di cose che umane non sono, come i batteri che ogni uomo ha nell’intestino. Al contrario, ogni singolo essere umano fa ed è altre cose oltre ad essere parte del genere umano: “modificano i loro corpi per cambiare genere sessuale, si adornano di protesi elettroniche e decorative”[1], per esempio. Il genere umano è un intero che implode: più cerchi di descriverne le parti più scopri che esse sono vasi di Pandora contenenti altri componenti diverse dall’intero che compongono. Così io sono un intero composto di cose che non sono me come il mio cervello o i microrganismi del mio intestino. Ogni totalità è sfuggente e innumerabile, composto di parti a loro volta composte da cose diverse rispetto al tutto, e che quindi non posso essere ridotte all’intero cui appartengono. Ogni intero ci esplode e si espande tra le mani non appena prestiamo attenzione a ciò di cui è composto. L’intero è reale e così sono le sue parti e tra loro esiste un divario (resta vero che non è la singola accensione della macchina a provocare il riscaldamento globale) ma il tutto non esaurisce i suoi componenti; il tutto è un mucchio che risente dei cambiamenti al suo interno e questo significa che le parti contano (sono reali, appunto). Se ogni elemento di un intero è più dell’intero stesso, è altre cose oltre a questo intero, significa che esso può appartenere ad interi diversi: i mucchi sono condivisibili e sovrapponibili. Io sono un uomo, appartengo al genere umano, ma i microorganismi nel mio intestino fanno sì che appartenga anche all’insieme dei batteri, o che ne condivida almeno una parte.

Tutta questa riflessione fa ripensare innanzitutto al ruolo del singolo: non sarà la sola mia azione a determinare lo scioglimento dei ghiacciai, ma la mia si aggiunge a quella di tutti gli altri, creando quel mucchio che lo provoca attivamente. Forse il mio prendere la bicicletta non cambierà il destino del mondo, ma andrà ad accresce il mucchio delle azioni che lo possono fare. Non è il singolo ad essere l’ago della bilancia, lo sono i mucchi di azioni, ma essi non ci sono se non ci sono i loro componenti: ad ognuno spetta il compito di decidere a quale insieme contribuire.

Ma l’olismo implosivo ci dice anche un’altra cosa: nessun elemento è definibile solo in base all’intero cui appartiene. Tu sei molte più cose che solo un ‘essere umano’: sei un cantante o un veterinario, ti piacciono i tatuaggi o i cani, il rapporto con la tua automobile è parte integrante della tua identità o lo è il rapporto con il tuo cavallo o col tuo vicino di casa o con gli uccellini che banchettano con le briciole della tua colazione. Se ogni singolo essere vivente è molto di più che un mero rappresentante del suo ‘mucchio’ di appartenenza (come la sua specie, per esempio), allora ogni singolarità è irridicele ad tutto cui appartiene, lo eccede in maniera assolutamente unica e irripetibile: ognuno è insostituibile e non interscambiabile.

Pensare agli interi come sovrapponibili, poi, è il modo più coerente e appropriato per concettualizzare la biosfera nel suo essere un reale simbiotico: i suoi componenti sono interconnessi, non formano unità compatte e impermeabili ma realtà sfuggenti, porose, non definibili e circoscrivibili con esattezza. La realtà è fatta di parti non omogenee profondamente connesse le une alle altre, inseparabili, ai limiti dell’indistinzione. Il lichene è un’alga o un fungo? Nessuno dei due, ma neanche radicalmente differente dai due. È un tutto composto da parti che non sono il tutto stesso, che appartengono a ‘mucchi’ differenti e che solo insieme danno vita ad un ‘mucchio’ eterogeneo rispetto alle parti ma inesistente senza esse.

Per quanto riguarda l’essere umano, la riflessione di Morton pone l’accento sul fatto che ogni uomo è un tutto composto da parti che non sono umane: questo significa che il rapporto con il non-umano è costitutivo, vitale, in atto già da sempre e ineludibile. Questa consapevolezza deve plasmare il modo in cui l’uomo si concepisce e in cui agisce nei confronti del non umano.

E così arriviamo al secondo spunto interessante: la solidarietà, quel sentimento che emerge dalla consapevolezza di avere qualcosa in comune, di condividere qualcosa con qualcun altro. Da quanto detto finora, la solidarietà emerge come sentimento connaturato allo stato di organizzazione del reale simbiotico; è il rumore che fa una realtà composta da elementi in simbiosi tra loro, che appartengono a interi diversi ma ne condividono altri. La solidarietà coinvolge e lega tutti gli esseri, umani e non-umani. Non ci resta che fare nostra tale consapevolezza e praticarla.

Giulia



[1] Timothy Morton, Humankind: solidarietà ai non umani, Nero, Roma, 2022, p. 130.

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