La
reinterpretazione di opere altrui è un cardine della storia della cultura
tutta, dalla musica al cinema, passando per le arti figurative. Nel caso della
letteratura, il discorso si fa però più fumoso, più oscuro. Se escludiamo la
letteratura teatrale (che ha scopi e struttura differenti rispetto alla
letteratura, diciamo, “pura”) la “riscrittura”, quantomeno una riscrittura
palese e dichiarata, è estremamente rara. Certamente moltissime opere
letterarie condividono gli stessi topoi, gli stessi temi e in alcuni casi la
stessa struttura narrativa, ma il loro scopo non è quasi mai reinventare con
uno stile proprio la stessa storia.
Oggi
ci occuperemo di due racconti che seguono invece un canovaccio simile: pur non
condividendo lo stesso titolo (e quindi nominalmente essendo due opere diverse
e non la riscrittura della stessa) i due racconti sono accomunati da una
impalcatura narrativa pressoché identica. Ma quali sono i due racconti in
questione, e la loro somiglianza è forse accidentale, o peggio, dovuta ad una
scarsa immaginazione da parte di uno dei due autori? Parliamo di L'Orrore di
Dunwich di Howard Phillips Lovecraft, datato 1919, e Lo Tsalal racconto contenuto in Nottuario (1994) di Thomas
Ligotti. Per rispondere alle domande che ci siamo auto-posti, la
struttura narrativa del secondo racconto non è né accidentale né derivata da
pigrizia narrativa, ma è cercata e voluta da Ligotti. Quindi, quali sono i
punti in comune dei due testi? La trama di entrambe le opere si basa sul
concetto di una progenie concepita da una divinità mostruosa e incomprensibile
dall'intelletto umano (Yogh-Sothoth in Lovecraft e lo Tsalal in Ligotti) e da
una donna, sotto l'influenza di un fedele adoratore della suddetta divinità che
poi fungerà da precettore per il nascituro. Anche il ruolo della progenie è
pressoché lo stesso: fungere da tramite per la piena manifestazione dell'essere
divino. Infine condivise sono in parte l'ambientazione (paesi sperduti, uno ai
confini del Massachusetts e l'altro, Moxton, un “borgo scheletrico” di
posizione indefinita) e la presenza di un tomo blasfemo che rivela verità
talmente inconcepibili da spingere chi le scruta sull'orlo della follia o anche
oltre (il celebre Necronomicon lovecraftiano ha un contraltare nel
racconto di Ligotti).
Vista la quasi identità dei due canovacci, si potrebbe quindi pensare che i due racconti siano molto simili anche nello stile e nella gestione dei personaggi, ma così non è, anzi: proprio in questo emerge tutta la grandezza di Ligotti come scrittore. Egli ribalta moltissimi dei cardini che lo stesso Lovecraft ha ampiamente contribuito a creare per quanto riguarda la letteratura horror (e nello specifico, nel sottogenere del cosiddetto “orrore cosmico”), a partire dal punto di vista da cui viene narrata la storia: in L'Orrore di Dunwich seguiamo la vicenda prima attraverso una cronaca della storia del paese e della nascita del mostruoso Wilbur Whateley e in seguito attraverso le peripezie del protagonista, il Dr Armitage (in ogni caso, la narrazione si dipana sempre attraverso la terza persona). In Lo Tsalal, invece, fruiamo il tutto principalmente attraverso gli occhi del protagonista, Andrew Maness (seppur anche qui in terza persona e con eccezioni dedicate al punto di vista degli abitanti di Moxton, come nel prologo), ovvero il bambino nato dalla terribile unione. Al contrario di Wilbur, di cui osserviamo solo superficialmente il carattere, con la storia che si concentra principalmente sull'illustrarci il suo obiettivo, ovviamente di natura profondamente malvagia, nel caso di Lo Tsalal entriamo in una sorta di sintonia con Andrew, ci vengono svelati i suoi pensieri, le sue paure e soprattutto i suoi dubbi, la sua incapacità di comprendere cosa gli accade attorno, i fenomeni che egli stesso provoca e che sfuggono al suo controllo (almeno all'inizio). Anche a livello fisico le due progenie differiscono notevolmente: mostruoso e innaturalmente cresciuto Wilbur (a soli dieci anni possiede già il corpo di un adulto, peraltro orribilmente mutato e per questo sempre celato da lunghe vesti), normale se non per il particolare colore dei capelli Andrew. Particolarmente ben riuscita è una suggestiva sequenza onirica disegnata da Ligotti, in cui il bambino sogna l'universo rivelato dai libri proibiti, l'Universo dello Tsalal, e il cambiamento assurdo che l'entità apporta alle stelle stesse. Altro elemento che differisce profondamente tra i due testi è la figura del precettore: se in Lovecraft questa figura è al contempo fondamentale e marginale (al momento dello svolgimento dei fatti il nonno di Wilbur è morto, eppure è lui ad instradarlo verso la strada maligna della magia oscura che intraprenderà, ed è sempre lui ad organizzare la sua immonda nascita), in Ligotti troviamo un uomo sì duro, ma in cerca di redenzione: dopo aver avuto una fugace visione dello Tsalal la notte del rituale, il precettore si rende conto della terribile calamità che lui e suoi affiliati rilascerebbero sul mondo: a causa di ciò, si converte al cristianesimo e decide di crescere il frutto del rito, assumendo il ruolo di vero e proprio padre dandogli il proprio cognome. Il padre adottivo cercherà di sopprimere i poteri del ragazzo attraverso un rigido studio della dottrina cattolica, cercando di evitare che questi legga il libro del culto dello Tsalal da lui stesso redatto e redarguendolo severamente qualora trapeli qualcosa della sua vera natura, di sua volontà oppure no. Questa repressione è però destinata al fallimento e porterà infine il precettore al suicidio. Anche il finale delle due opere differisce in maniera sostanziale, o meglio, differisce il modo di arrivare alla conclusione. In L’orrore di Dunwich vediamo il mostruoso e invisibile fratello di Wilbur venire annientato poco prima di poter permettere al padre di giungere nella nostra realtà. In Lo Tsalal il protagonista ormai divenuto adulto (il testo di Ligotti si svolge su di un arco temporale più ampio rispetto al racconto di Lovecraft), rivela agli abitanti del paesino imprigionati in un turbinio di caos e infinito cambiamento, effetto della presenza ormai imminente dello Tsalal, il rituale per fermare il tutto, che comporterà la sua stessa morte, in maniera peraltro atroce.
Vi
sono poi le differenze a livello di puro stile narrativo e di tecnica di
scrittura (con Lovecraft paradossalmente più “concreto” e arcaico nel
linguaggio e Ligotti più sospeso e filosofico, pur meno qui rispetto ad altri
suoi scritti). In sostanza, due versioni dello stesso viaggio, plasmato però in
direzioni imprevedibili a seconda del sognatore designato a farci da “Virgilio”
durante la breve, ma intensa, traversata nell'incubo.
Massimiliano
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